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Sono salito nuovamente su un treno per due volte dopo sette mesi e, come faccio sempre, mi sono guardato intorno per cercare di cogliere emozioni, dettagli e sensazioni durante i due viaggi durati oltre tre ore ciascuno.
All’andata sono arrivato in stazione prima del solito ed è stata una precauzione inutile perché non ho trovato la fila che temevo.
Il controllo del biglietto è stato sostituito dalla misurazione della temperatura che avviene però in modo dinamico senza necessità di stop.
Sul treno (Freccia) i posti disponibili sono la metà e vengono assegnati in modo alternato, garantendo così il distanziamento.
A ogni passeggero viene dato un kit contenente una mascherina, due bustine di disinfettante, un tovagliolo poggiatesta da attaccare al sedile e una lattina d’acqua.
Subito dopo la partenza una voce spiega l’obbligatorietà dell’uso della mascherina, “che deve essere mantenuta per l’intera durata del viaggio e deve coprire sia la bocca che il naso. Pena la fermata del convoglio nella prima stazione utile e l’intervento delle forze dell’ordine.”
La voce spiega inoltre che in caso di necessità ci si può rivolgere al capotreno, anche per segnalare eventuali stati di malessere di altri passeggeri.
Tutto chiaro? Assolutamente no.
Sia nel viaggio di andata che di ritorno ho assistito al ballo in maschera, o meglio della maschera di uno dei passeggeri.
Nonostante al passaggio del capotreno i passeggeri venivano puntualmente ma bonariamente ripresi con la richiesta di indossare la mascherina correttamente, tutto ciò sortiva un effetto per un paio di minuti.
Nel viaggio da Roma a Milano, il signore incriminato ha trasformato il vagone nel suo ufficio stando costantemente al telefono con la mascherina abbassata, affinché gli interlocutori e anche tutti i presenti potessero capire per bene le sue parole.
Nel viaggio di ritorno però la performance dell’altro protagonista è riuscita a migliorare di molto il suo avversario andato in direzione opposta.
La mascherina sulla faccia del signore l’ho vista cambiare di posizione con ben 6 varianti diverse.
Vi lascio un po’ di suspense e vi aiuto a indovinare escludendo da subito il posizionamento sopra gli occhi o i capelli.
Il signore è salito direttamente senza mascherina a Bologna, poi dopo una decina di minuti ha notato che di tutti gli altri presenti non vedeva mezza faccia e quindi si è ricordato di indossarla per coprire solo il mento. A seguito di specifica richiesta del personale, l’ha tirata su a coprire naso e bocca per pochi secondi e poi farla scendere solo sulla bocca qualche minuto dopo e infine di nuovo sul mento per dormire comodo.
Una volta svegliato ha pensato di fare due passi, al ritorno la mascherina era magicamente al contrario, non più azzurra ma bianca, e ha ripreso la sua danza di saliscendi sul viso.
Ecco le sei combinazioni: Mento, bocca, naso ma anche double face e chissà, forse anche sottosopra!
L’ho guardato a lungo basito, l’ho fotografato (in calce), e mi sono chiesto cosa ci fosse di così complesso da comprendere per lui e per l’altro nel concetto di obbligo di uso della mascherina.
La risposta è che non c’è nulla di incomprensibile nella regola, c’è solo la scelta deliberata di ignorarla, di farsi riprendere più volte dal capotreno e fondamentalmente di fregarsene di tutti gli altri presenti sul treno.
Con queste persone i modi bonari non funzionano, ma il personale di controllo è consapevole di non avere i mezzi per arginare il problema e quindi si limita al necessario.
Mentre guardavo queste persone e combattevo contro la tentazione di dire loro qualcosa, mi riecheggiava continuamente in testa l’affermazione del Marchese del Grillo nella fantastica interpretazione di Alberto Sordi che potete ascoltare qui.