Pensieri | Tempo di lettura 4′ |
In questi giorni un frutto è divenuto più iconico della consueta mela, che ha attraversato la storia e le storie dall’alba dei tempi, passando per la guerra di Troia, la favola di Biancaneve e la testa di Guglielmo Tell, fino a quella morsicata che tutti conosciamo. A questo frutto, finora ignorato, era stato riservato solo una bel racconto di Rohald Dahl, che l’aveva resa gigante e piena di poteri magici, per questo meta sognata dal piccolo James, orfano ospite di due zii crudeli(questo dettaglio forse ci tornerà utile dopo).
Sto parlando della pesca, protagonista dell’ultimo spot televisivo di una nota catena di Supermercati.
Per chi non l’avesse visto, ecco il link.
Non vi racconterò la trama, perché probabilmente avete già visto lo spot o potete spendere due minuti del vostro tempo cliccando sopra e vederlo ora.
Voglio al contrario fare una riflessione su alcuni temi che muovono la storia e che considero stereotipati e soprattutto sbagliati.
Il passaggio che più mi ha irritato dello spot è il sottinteso confronto tra la famiglia al completo e quella scomposta, come se l’unica forma di felicità possibile fosse la prima.
E’ indubbio, che nell’ideale della bambina, la presenza simultanea di entrambi i genitori vicino a sé sia il migliore dei mondi possibili, ma tutto ciò appare banalizzato perché prescinde dalla qualità di questa presenza. La scena in cui la bambina guarda fuori dal finestrino un coetaneo sul monopattino con i due genitori vicino, mentre la mamma le parla inascoltata, è superficiale e svilisce l’affetto della donna.
Poco conta che la scena successiva ce le mostri in casa vicine e felici, perché nella solitudine di quello spazio chiuso non ci sono più confronti.
C’è poi l’epilogo, in cui la piccola bugia della bambina assume un valore positivo, quello di riuscire a tenere unita la famiglia, laddove i genitori non riescono a fare altrettanto.
Questi sono i punti salienti dell’erroneità del messaggio:
– il valore della bugia, che sebbene venga compresa dal genitore, resta tale, mentre lo spot la vuole sanata dall’indulgenza verso la giovane età e dalla sua finalità nobile.
– il modello familiare, che viene analizzato solo superficialmente come somma di esseri umani dalle funzioni definite, piuttosto che nella validità delle sinergie messe in atto e nell’armonia che debba contenere.
A ciò aggiungo che questa forma di comunicazione raggiunge le case di tutti e non viene trasmessa in fascia protetta, con l’evidente rischio di andare ad acuire il dolore di bambini, a cui si dovrebbe spiegare il senso delle scelte dei genitori, piuttosto che avallare la loro idea sbagliata ed egoista, in cui il loro benessere prescinde da quello di tutti i componenti della famiglia.
C’è poi una totale assenza di visione circa la possibilità che le separazioni non siano traumatiche, sia per i figli che per i genitori. Pensare che rimanere insieme e quindi rinunciare alla propria libertà sia una dimostrazione di amore di un genitore verso un figlio, è un errore profondo, perché la famiglia è tale solo quando frutto di una scelta ed espressione di un’armonia, non quando manifestazione di un sacrificio che possa penalizzare uno qualsiasi dei componenti.
Quest’ultimo punto lo ritengo centrale anche e soprattutto nella trasmissione di un valore ai figli, infatti il giorno che vedessi mia figlia imprigionata in un matrimonio insoddisfacente, infelice ma immobile, le suggerirei una separazione, possibilmente pacifica, ma comunque necessaria.
Credo sia indispensabile che questa scelta prima di lei, l’abbiano fatta i suoi genitori, perché l’esempio è sempre la migliore delle educazioni possibili. Cosa sarebbe diventata se avesse continuato a essere parte di una famiglia senza affettività di coppia o addirittura con continui conflitti, spesso ovvia conseguenza di una convivenza indesiderata?
E’ vero che la famiglia del Mulino Bianco, in cui tutti erano felici di inzuppare le Macine a colazione e mangiare il Panbaluetto a pranzo e cena è ormai una rappresentazione non contemporanea, ma posizionarsi altrove inserendo un giudizio sottinteso su un nuovo equilibrio familiare, in cui l’infelicità sembra essere l’unica destinazione possibile, appare una forzatura e forse poco giova agli spettatori, che avrebbero bisogno di messaggi positivi per se stessi, soprattutto se giovanissimi.