Pensieri | Tempo di lettura 4′ |
Nell’ultimo anno ho imparato a leggere la quotidianità anche attraverso le immagini della piazzetta sotto il mio balcone. Ne ho scritto spesso, perché nei primi due mesi il “fuori” divenne il balcone e la piazza era un punto di incontro dove tutti ci affacciavamo, scambiandoci sguardi di comprensione, complicità e incitazione. Poi ci siamo scesi timorosamente ma entusiasti, l’abbiamo vissuta durante l’estate pensando che il peggio fosse passato e oggi la viviamo nuovamente, sia da lontano che da vicino, nelle varie fasi della giornata che raccontano il nuovo equilibrio.
La piazzetta è diventata anche un orologio dalle maglie molto larghe; una meridiana che scandisce le 18 e le 22, prima facendo sparire solo i tavoli e poi tutti i presenti.
Ha frequentatori diversi a seconda dell’orario, della posizione e del movimento. Nel suo nucleo centrale ospita spesso persone giovani in particolare dal pomeriggio e fino alle 22, che stazionano con una bibita o una sigaretta in mano, genericamente con la mascherina abbassata. Nella linea esterna, disegnata dalle strade, si muovono persone più avanti con gli anni: lavoratori che la percorrono rapidamente per andare in ufficio o tornare a casa, residenti che portano a spasso il cane o fanno la spesa, tutti con la mascherina sul viso.
Spesso i due gruppi si scambiano sguardi, non si riconoscono, non si sentono poi così simili. I primi sembrano noncuranti degli avvenimenti e cercano uno svago che gli è necessario. I secondi continuano una vita fatta di impegno e lavoro, in cui le regole hanno preso il sopravvento sul resto.
Lo sguardo che nasce negli occhi dei passanti è spesso severo, ci si può leggere dentro la sensazione che si stia consumando un’ingiustizia e che loro ne paghino lo scotto.
La risposta degli stanziali è di più facile interpretazione, perché palesata dal mostrare il viso nella sua interezza. E’ spesso sfoggiante un sorriso di superiorità e quasi di compassione verso la signora con la busta della spesa o l’impiegato che torna trafelato verso casa. D’altronde “le regole dicono che posso tenere la mascherina abbassata se sto fumando, bevendo o mangiando e se poi sto con qualche amico all’aperto che male c’è?”, sembrano voler dire.
Accade però che talvolta appaia all’improvviso un’auto delle forze dell’ordine e allora la piazza si ammutolisce, alcuni si allontanano, i sorrisi scompaiono dietro alle mascherine che tornano al loro posto e probabilmente appaiono dietro a quelle dei passanti, anche se non ci sono prove.
Poi arrivano le 22 e il silenzio si impossessa dello spazio come accade nelle caserme dopo che la tromba suona il brano omonimo. Il giorno si chiude rendendo nuovamente tutti uguali e il momentaneo risentimento verso il popolo dell’aperitivo lascia spazio alla comprensione verso i giovani che stanno perdendo momenti importanti di leggerezza e di crescita.
Una mattina può accadere qualcosa di totalmente nuovo con una scolaresca elementare che prende possesso dello spazio e svolge una lezione di storia all’aria aperta. Tanti bambini, tutti con la mascherina seguono la lezione: è l’immagine della scuola di oggi, limitata e volenterosa, in cerca di normalità come tutto il resto.
Infine capita di imbattersi in gruppi di turisti romani che si fermano in compagnia della loro guida per il tour del Rione Monti. Immagine di un settore economico in ginocchio in cui gli operatori cercano nuove idee e i clienti occasioni per fare qualcosa di diverso attraverso un turismo a km zero.
Queste sono le tante storie narrate in un angolo di mondo, importanti e più vere di quelle comunicate dai mass media, perché viste dal vivo e fatte dalle persone, senza scalpore e senza filtro.