Pensieri | Tempo di lettura 5′ |
Alcune storie, purtroppo vere, hanno la capacità di rendere protagonisti tutti coloro che ne vengono a conoscenza.
Spesso sono racconti di una verità drammatica che trascina al suo interno per la capacità di destare un timore sopito in ognuno di noi.
La cronaca del sabato sera ci ha restituito l’ennesimo incidente in cui hanno perso la vita dei ragazzi, ma stavolta tutto è più cinicamente tragico.
La vita di due amiche sedicenni si è spenta per una spietata sinergia suicida e omicida: un ragazzo ventenne alla guida di un’auto le ha investite mentre loro attraversavano la strada quando e dove non avrebbero dovuto.
La storia è di per sé drammatica, ma conoscendone alcuni dettagli, ci si rende conto che il destino è fatto proprio di questi e che molto spesso scelte che durano un’istante possono definire una vita o la fine di essa.
Ogni genitore ha scelto, più o meno consapevolmente, di essere fragile quando ha avuto un figlio. E’ la fragilità di amare più di se stesso qualcun altro e la paura di perderlo. Quest’ultima è l’emozione sopita di cui scrivevo in principio; la nascondiamo dietro ad altre emozioni, e, sempre consapevoli della sua presenza, cerchiamo di guardare altrove.
Poi un giorno una storia sposta tutto il resto e torniamo a fissare quella paura negli occhi, vorremmo conoscere la formula per superarla o per parlare al destino e garantirci la sua clemenza.
Questa storia ha per protagonisti tre ragazzi, esempi comuni di una gioventù attuale.
Un ragazzo alla guida di un’automobile ha passato un sabato sera come tanti altri, fatti di una birra e di uno spinello per divertirsi di più, perché l’avere venti anni spesso non è sufficiente.
Due ragazze hanno passato un sabato sera come tanti altri, fatti di amici, di flirt e, chissà, forse anche loro di una birra o di altro.
Poi c’è la pioggia, che serve ad anteporre una necessità banale a una essenziale, come se non bagnarsi sia più importante di vivere.
Poi c’è un orologio e un tempo per tornare a casa, affinché il minuto che serve a far scattare il semaforo sia troppo lungo da attendere.
E infine c’è il dettaglio che più di ogni altro mi ha colpito: le due ragazze attraversano tenendosi per mano.
E’ qui che il destino potrebbe fare altrimenti e che forse ognuno di noi e dei nostri figli potrebbe fare una scelta diversa.
Una delle due ragazze potrebbe trattenere l’altra, spiegandole che in due non si è più forti se si attraversa ma solo se si attende.
Invece spesso accade che i ragazzi insieme perdano di vista ciò che ognuno di loro sa benissimo, talvolta alla disperata ricerca di attenzioni che li spinge anche a una birra o a uno spinello in più per essere “popolari”, come dicono loro.
In fondo la vita è una continua scelta di attraversare o attendere, da genitore mi auguro che mia figlia tenga sempre la mano di qualcuno(un’amica, un fidanzato o un compagno di classe) e con questo qualcuno si alternino a ricordare tutto ciò che sanno e si prendano realmente cura di loro stessi.