Recensione Libro | Tempo di lettura 3′ |
Per tanto tempo ho sentito parlare di un libro.
Era in vendita solo nelle librerie indipendenti(ora ovunque), non esisteva in versione elettronica(tuttora è così), veniva ristampato da un gruppo di amici sognatori ed editori a colpi di mille copie, spinto dal passaparola dei lettori.
L’ho quasi voluto tenere a debita distanza per la paura di confrontarmi con qualcosa più grande di me. Sapevo che sarebbe stato un libro doloroso e faticoso e avevo paura che turbasse la serenità delle notti che genericamente seguono le mie letture.
Eppure ero certo sarebbe stata un’esperienza necessaria ed entusiasmante.
L’ho letto ed è andato tutto come mi aspettavo.
L’Estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel edito da Atlantide è un gran bel libro. Avrei potuto cercare aggettivi meno banali per definirlo, ma faccio quasi fatica dopo averlo appena finito ad avventurarmi nella terra dei sinonimi e della ricchezza lessicale che la scrittrice padroneggia creando un moto ondoso in un mare stracolmo di parole.
Erano molti anni che non leggevo un libro fatto di pagine di carta, proprio perché la mia lettura notturna mi rende molto più agevole lo sfogliare digitale su una superficie retroilluminata.
Proprio quelle pagine le ho sentite scottare tra le dita nel racconto di un’estate incandescente in cui la temperatura di una piccola cittadina dell’Ohio diventa torrida per accompagnare gli animi dei suoi abitanti convinti di avere tra loro il Diavolo, nelle vesti di un adolescente di colore. La sensazione pressante del calore sale dalle parole e persegue il lettore mentre si chiede chi sia Sal, il tredicenne comparso dal nulla. Durante la lettura si è tentati dalla seduzione della credenza nel male e al tempo stesso ci si scopre bisognosi di riconoscere l’innocenza del bambino.
Una storia incapsulata in un piccolo paese sperduto degli Stati Uniti, imprigionato dal provincialismo e rinchiuso in se stesso, come la mamma del protagonista che, in preda all’agorafobia, non esce di casa e ha riprodotto nelle camere i luoghi del mondo.
Ambientato nel 1984, tocca temi importanti come l’AIDS e con esso l’accettazione dell’omosessualità che in un piccolo paese di provincia è ancora un tabù importante.
E’ il racconto di una comunità, incapace di emanciparsi e di assumersi le responsabilità della quotidianità del male, raccontata attraverso gli occhi di uno dei suoi tanti nuclei: una famiglia semplice con le sue fragilità, i suoi limiti e i suoi bisogni.
Due genitori e due figli, in equilibrio tra il loro apparire agli occhi dei concittadini e il loro essere più profondo e reale.
Insomma, non credo ci sia bisogno di tante parole, questo romanzo merita di essere letto. Come scritto in origine è stato faticoso e doloroso, emozioni necessarie per rendere merito a una grande prova letteraria di un affresco stupendo degli aspetti chiave della vita di ognuno di noi.