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Qualche giorno fa sono stato al teatro Sistina per il rimborso di due biglietti con cui avrei dovuto vedere Rugantino nel mese di Marzo. Prima di uscire dal teatro ho dovuto frenare l’istinto naturale di chiedere al botteghino qualche informazione per l’anno successivo. Era un desiderio quasi infantile di avere una rassicurazione che un giorno avrei potuto fare nuovamente qualcosa che la pandemia mi aveva sottratto. Ovviamente mi sono reso conto in tempo che la mia richiesta sarebbe stata fuori luogo e che l’interlocutore non aveva una risposta da darmi, ma anzi la domanda avrebbe forse alimentato le sue paure di dipendente di un teatro che al momento non può lavorare.
Sul tema dell’imprevedibilità del domani ho già scritto qualche tempo fa, nel pieno del lockdown.
In questi mesi si sono innescati una serie di mutamenti che sono diventati in parte o completamente irreversibili.
Qualche giorno fa leggevo la newsletter di Stefano Feltri, direttore del Domani, quotidiano di uscita imminente, che spiegava l’ “effetto Roomba”.
Coniato da Markus Brunnermeier, un economista di Princeton, spiega come con lo scoppio della pandemia, le famiglie abbiano licenziato le persone che si occupavano delle pulizie domestiche, per timore del contagio, per l’impossibilità di muoversi e per limare il budget familiare; abbiano quindi ordinato su Amazon un robot Roomba per fare le pulizie e infine con il lockdown finito, il robot sia rimasto e si sia perso un posto di lavoro.
Eppure le conseguenze non terminano di certo qui; in realtà procedono senza soluzione di continuità e spesso tornano indietro come un boomerang. Non essendo un economista, non mi avventurerò in spiegazioni ambiziose su inflazione e recessione, per le quali vi consiglio questo video sul sito di Internazionale.
L’aspetto sul quale mi voglio soffermare è la reazione a catena che si innesca e che oggi, forse solo in minima parte, ci permette di immaginare il futuro.
Innanzitutto gli eventi, anche laddove sembrino negativi come per Roomba, possono nascondere un’opportunità. Per esempio la colf potrebbe non essere licenziata ma impiegata per fare lavori diversi. Sarebbe certo impossibile pensare di mettere fuorilegge il robot o le implementazioni tecnologiche per salvaguardare i posti di lavoro.
Per guardare al domani si devono quindi vedere i cambiamenti innescati, studiarne le reazioni conseguenti andando più avanti possibile e cercare di capirne la destinazione ultima.
Pensiamo per esempio allo smart working, le persone lavorano da casa, quindi non prendono l’auto, non consumano carburante, non inquinano, risparmiano i tempi di percorrenza, mangiano forse meglio, spendono meno. Tutto bellissimo, allora viva lo Smart Working? No, o almeno non completamente, perché tutto ciò significa meno lavoro per il meccanico, per il benzinaio, per il bar, per il negozio di abbigliamento, ma anche uffici vuoti e canoni di locazione persi, senza dimenticare la socialità di un ufficio e della vita di strade e quartieri.
Ciò potrebbe quindi generare la chiusura di negozi e lo svuotamento di edifici adibiti a uso ufficio. Apparentemente eventi avversi, eppure se l’edificio fosse di proprietà dello stato e venisse destinato ad abitazione popolare da dare a coloro che abbiano perso i lavori sopracitati, ai quali si proponesse in cambio un lavoro socialmente utile o comunque pubblico da retribuire in modo misto con denaro e canone di locazione, si potrebbe generare un nuovo equilibrio, forse migliore del precedente.
E’ evidente che l’esempio sia estremo e probabilmente di complessa fattibilità, ma vuole solo mostrare come non ci si debba fermare al primo stadio tornando al passato, ma avere il coraggio di andare oltre e immaginare il futuro.
Tutto ciò che sta avvenendo ci mette di fronte a una necessità di reazione, costringendoci a risolvere anche ciò che per anni è stato ignorato, cambiando anche il nostro modo di pensare e aprendoci alla possibilità di uscire da schemi preimpostati, perché le regole del gioco sono mutate per sempre e solo l’adattamento a questo nuovo habitat offre possibilità di sopravvivenza.
Non dobbiamo guardare indietro al passato, dobbiamo capire che c’è un nuovo futuro con regole diverse e probabilmente un periodo di transizione difficile da superare, che durerà meno se avremo la capacità di perdere alcuni punti di riferimento e cercarne dei nuovi.
PS: Trentacinque anni fa usciva il film Ritorno al Futuro citato nel titolo.